Accolto l’ennesimo ricorso di Enel sul nodo del riparto tra componente capacity e commodity (e su altre questioni)
Prosegue la lunga querelle tra Enel Trade e Arera sulle regole tariffarie per il servizio di trasporto gas.
Dopo avere vinto sia in primo che in secondo grado in relazione al terzo periodo regolatorio 2010-2013, la società ottiene ora dal Tar Milano l’annullamento della delibera 514/2013/R/gas sul 2014-2017. Enel lamenta come la regolazione penalizzi chi opera sui punti di ingresso situati nel Sud Italia, in particolare attraverso Mazara del Vallo, dal quale entra circa il 65% del gas complessivamente importato dalla società.
In particolare, il sistema basato sui flussi e controflussi “sarebbe distorsivo”. Inoltre “i costi unitari di trasporto sono calcolati sulla base dei flussi e della capacità di trasporto in funzione del diametro del gasdotto in modo proporzionale, elemento estraneo ai criteri previsti dalla legge. Essendo il diametro medio dei gasdotti utilizzati per collegare il sud al punto di baricentro dei consumi nazionali maggiore del diametro medio dei gasdotti provenienti dal nord, chi importa dal sud pagherebbe tariffe maggiori”.
Un ulteriore effetto distorsivo sarebbe determinato dal rapporto sbilanciato delle componenti capacity/commodity nonché dalla riduzione dei punti di exit. Il costo dell’autoconsumo si sarebbe poi “rivelato fortemente volatile da un anno all’altro, indipendentemente dai volumi di gas trasportati in rete”.
Per Enel, inoltre, l’attività di Arera “sarebbe affetta da assenza di trasparenza” e “avrebbe demandato ad un soggetto terzo (ovvero Snam) l’attività attribuita dalla legge all’Autorità stessa, senza peraltro la previsione di alcuna forma di controllo sostanziale da parte di Arera sulle previsioni operate da Snam”.
Il sistema dei flussi e controflussi, sottolinea il Tar, “assegna una direzione prevalente al gas, attribuendo alle tratte in flusso il 100% del costo tariffario, e a quelle in controflusso solo il 14%”. Considerando che queste ultime sono quelle provenienti dai punti di entry del sud, si determina “un sistema tariffario che, pur a parità di distanza, riconosce costi tariffari differenti, a discapito dei punti di entry collocati al sud”.
Ciò determina quindi “una distorsione dei corrispettivi, che si pone in evidente contrasto con la finalità indicata dalla norma sopra richiamata di attenuare le penalizzazioni territoriali, in particolare nelle aree del Mezzogiorno”.
Per il Tribunale “ugualmente ingiustificato” è il riferimento al diametro del gasdotto, ai fini della determinazione del costo unitario. “Considerato che le caratteristiche della rete non sono mutate dal 2009 ad oggi – afferma la sentenza – non si comprende per quale ragione per il periodo regolatorio in esame l’Autorità abbia introdotto tale elemento ai fini della determinazione del costo unitario. Né varrebbe sostenere che tale parametro di riferimento (il diametro dell’infrastruttura, appunto) riguardi il costo del relativo investimento, poiché si tratterebbe di investimenti effettuati in un tempo ormai risalente e i cui costi non dovrebbero ridondare oggi sul costo unitario di trasporto”.
In relazione alle disposizioni relative al rapporto tra le componenti capacity/commodity (passato da 70:30 a 90:10), il Tribunale richiama quanto già stabilito con la sentenza n. 301/2021 secondo cui “il rapporto stabilito […] appare del tutto sbilanciato a favore del riconoscimento dei costi fissi, quasi annullando la componente relativa all’effettiva quantità di gas trasportata, eliminando ogni incentivo alla massimizzazione dei flussi di gas da parte delle imprese di trasporto”. Con la riduzione dei punti di exit (da 17 a 6), inoltre, “l’Autorità ha introdotto una divaricazione tra i punti fisici di uscita e le relative aree tariffarie. Tale scelta incide sull’equilibrio della distanza di trasporto, e dunque, sulla determinazione della tariffa, senza che, tuttavia, l’Autorità abbia spiegato le ragioni di tale scelta. Ragioni che, si badi, dovrebbero tendere al perseguimento degli obiettivi di non discriminazione e di non penalizzazione di alcune aree territoriali”.
Il Tar conferma infine “le ulteriori considerazioni già svolte nella pronuncia n. 301/2021, in relazione alle analoghe censure di tipo formale e procedurale”. QE, 01-02-2022