Sempre più spesso si sente parlare di comunità energetiche, ma prima di tutto è importante comprendere come partecipare a una di esse. Le comunità energetiche rappresentano una risposta alla necessità di diversificare la produzione energetica e aumentare l’autonomia dei Paesi, soprattutto alla luce della crisi energetica innescata dall’invasione russa dell’Ucraina. Oltre alle ragioni economiche, la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili e la diminuzione delle emissioni di CO2 sono obiettivi sempre più urgenti e imprescindibili. La produzione di energia da fonti rinnovabili si presenta come l’alternativa più valida, e il piano REPowerEU, incentrato sulla diversificazione dell’approvvigionamento energetico dell’Unione Europea e sulla produzione da fonti energetiche rinnovabili (FER), mira a raggiungere il 45% entro il 2030. Le comunità energetiche possono contribuire in modo significativo a tale obiettivo.

Uno studio condotto da Elemens per Legambiente ha previsto che le comunità energetiche potrebbero raggiungere una capacità rinnovabile di 17,2 GW entro il 2030.

Ma come si può partecipare a una comunità energetica? Attualmente, in attesa delle modalità tecniche per il decreto attuativo, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha stimato una notevole crescita delle comunità energetiche, affermando che si potrebbero attivare tra le 15.000 e le 20.000 nei prossimi anni.

Secondo il GSE (Gestore dei Servizi Energetici), i consumatori di energia elettrica possono associarsi per produrre localmente, tramite fonti rinnovabili, l’energia necessaria al proprio fabbisogno e condividerla. Questa possibilità è stata resa possibile grazie all’entrata in vigore del decreto-legge 162/19 (articolo 42bis) e dei relativi provvedimenti attuativi, come la delibera 318/2020/R/eel dell’ARERA e il DM (Decreto Ministeriale) del 16 settembre 2020 del MiSE (Ministero dello Sviluppo Economico).

Chi può far parte di una comunità energetica rinnovabile? I membri di una CER possono essere persone fisiche o giuridiche, nonché qualsiasi soggetto pubblico o privato che desideri realizzare una comunità energetica rinnovabile. Pertanto, cittadini, piccole e medie imprese (PMI), amministrazioni comunali e pubbliche amministrazioni locali possono farne parte. La partecipazione alle comunità energetiche è sempre aperta e volontaria.

Si può partecipare a una energy community come soci consumatori o produttori (o, meglio ancora, come “prosumer”, cioè produttori-consumatori). Una comunità energetica consente anche a coloro che non dispongono di un impianto fotovoltaico di farne parte, indipendentemente dal reddito, contribuendo a ridurre i costi dell’approvvigionamento elettrico e sostenendo così anche i soggetti più vulnerabili. Nel caso dei semplici consumatori, essi sono coloro che hanno la titolarità di un punto di prelievo di energia elettrica sotteso alla stessa cabina primaria.

Poiché la partecipazione è aperta e volontaria, per far parte di una comunità energetica è necessario presentare una richiesta. Come? Presentando una domanda scritta al soggetto giuridico già costituito, in cui si descrivono brevemente le proprie attività e si dichiara la titolarità di un punto di prelievo di energia elettrica sotteso alla stessa cabina di trasformazione della comunità energetica. Inoltre, è necessario dichiarare la titolarità o la disponibilità di un impianto fotovoltaico o di produzione energetica da FER (se si è produttori), nonché l’aderenza dell’attività svolta agli obiettivi sociali della comunità. L’ammissione di nuovi soci sarà sottoposta a verifica da parte del consiglio direttivo della stessa comunità energetica.

Partecipare a una comunità energetica offre numerosi vantaggi. Queste comunità generano benefici economici, ambientali e sociali. Per quanto riguarda i benefici sociali, le comunità energetiche consentono di condividere l’energia prodotta, coinvolgendo tutti i consumatori, indipendentemente dal loro reddito. Ciò permette di ridurre i costi dell’approvvigionamento elettrico e di sostenere i soggetti che si trovano in condizioni di povertà energetica. Questa è una problematica sentita a livello comunitario e nazionale: secondo la Commissione Europea, circa 34 milioni di persone nell’Unione Europea versano in condizioni di povertà energetica. In Italia, secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale dedicato (OIPE), nel 2021 l’8,8% delle famiglie si trovava in questa situazione, e si presume che la situazione sia peggiorata seriamente l’anno scorso.

Per quanto riguarda i benefici economici, far parte di una comunità energetica consente di ridurre la bolletta energetica personale o condominiale grazie all’autoconsumo dell’energia prodotta dall’impianto, se questo è direttamente collegato all’utenza. Riducendo l’energia prelevata dalla rete pubblica, si riducono i costi dell’elettricità. Inoltre, l’adesione alle comunità energetiche consente di accedere a tariffe incentivanti. Grazie ai meccanismi di incentivazione derivanti dall’energia prodotta e utilizzata, la comunità può generare un reddito energetico da distribuire ai propri soci. Per quanto riguarda gli incentivi, si tratta di 110 euro/MWh, oltre al “RID” (Ritiro Dedicato), che corrisponde a circa 200 euro/MWh, per tutta l’energia immessa in rete. Il RID è una modalità semplificata disponibile per i produttori per la commercializzazione dell’energia elettrica prodotta e immessa in rete, come specificato dal GSE.

Infine, i membri di una comunità energetica possono beneficiare di vantaggi fiscali, come la possibilità di usufruire di una detrazione del 50% dei costi sostenuti per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, fino a un massimo di 96.000 euro di spesa.

Da non trascurare, infine, sono i benefici ambientali. L’energia prodotta da un impianto fotovoltaico non genera emissioni dannose per l’ambiente durante il suo funzionamento. Se si considera che una famiglia media in Italia consuma circa 2.700 kWh di energia elettrica all’anno, l’installazione di un impianto fotovoltaico permetterebbe di evitare l’emissione di circa 950 kg di CO2 all’anno.

Per quanto riguarda i requisiti di una comunità energetica in Italia, secondo la deliberazione 318/2020/R/EEL dell’ARERA, una comunità energetica rinnovabile è un soggetto giuridico basato sulla partecipazione aperta e volontaria, che è autonomo e controllato effettivamente da azionisti o membri situati vicino agli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, di proprietà e sviluppati dal soggetto giuridico stesso.

Le comunità energetiche includono gruppi di singoli cittadini, enti locali, aziende e cooperative di piccole dimensioni che, associandosi e diventando comproprietari di impianti di energia rinnovabile “di vicinato” con una potenza fino a 200 kW, producono energia per l’autoconsumo o, in caso di surplus di produzione, la immettono in rete, ricevendo incentivi dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), l’azienda pubblica che promuove le energie rinnovabili in Italia. Da qui deriva il termine “prosumer”, che indica gli utenti che non si limitano al consumo di energia, ma producono anche la propria energia.

L’articolo 22 della direttiva 2018/2001 (RED II) relativo alle comunità di energia rinnovabile prevede che gli Stati membri debbano garantire ai clienti finali il diritto di partecipare a una comunità energetica, mantenendo i propri diritti o doveri come clienti finali e senza essere soggetti a condizioni o procedure ingiustificate o discriminatorie che impediscano la partecipazione a una comunità di energia rinnovabile.

La partecipazione alle comunità energetiche deve essere aperta a tutti i clienti finali, in particolare ai clienti domestici, situati nel perimetro specificato, inclusi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili.