La tormentata partita del rinnovo dell’Autorità per l’energia, che ha infine visto ieri sul filo di lana la proroga da tempo discussa, è ora più che mai nelle mani del Parlamento. Per più ragioni: ovviamente perché è dalle Camere, con le commissioni ancora da formare, che dovrà venire l’ok al nuovo Collegio, l’unico passaggio che ci porterà davvero fuori dall’attuale incresciosa situazione (un vertice prorogato per la seconda volta contro le previsioni della legge istitutiva e delle norme Ue e costretto ad operare non si sa per quanto ancora con poteri limitati); perché sono le Camere che dovranno convertire un decreto che, come detto, si pone in contrasto con la normativa primaria in tema; e infine perché è sempre il Parlamento che, se pure deciderà di evitarsi l’imbarazzo della conversione, dovrà comunque trovare una strada per fare salvi gli atti emanati dal Collegio uscente (?) nel periodo della proroga. Cosa che come già detto può fare in nome dell’art. 77 della Costituzione (v. Staffetta 27/03). Ma se e in che modo lo farà è purtroppo tutto fuorché scontato. L’aria tesa e ingarbugliata che tira a livello politico è cronaca di tutti i giorni. Non certo un buon viatico per la serenità delle prossime settimane (mesi?) di forzata e zoppa operatività del vecchio vertice. E un altro fardello di incertezza per tutto il settore, che proprio in questo periodo attende risposte su partite delicate.
STAFETTA 18 aprile 2018